5. Antichi mestieri

Tra gli antichi mestieri maggiormente documentati ritroviamo i “commercianti ambulanti di pesce salato” o anche detti “acciugai”, dipendeva dalla zona.

Le prime notizie relative al commercio ambulante di pesce salato, conservato e secco, si trovano a Castelmagno, in Valle Grana; molti dei documenti conservati dalla Camera di commercio (per la precisione 28 pratiche) si riferiscono a ditte cessate tra la fine degli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Gli ambulanti, quasi tutti appartenenti alle famiglie Arneodo e Martino, provenivano principalmente dalle frazioni di Narbona, Campofei, Campomolino e Valliera; nel corso degli anni esercitarono la loro attività, oltre che nel territorio cuneese e nelle province piemontesi di Torino, Alessandria, Asti, Novara, anche in quelle liguri di Imperia e Savona, in Lombardia (Pavia e Milano) e in altri “luoghi del Regno”.

L’attività di “acciugaio” invece è testimoniata nelle carte di Celle Macra, in Valle Maira (23 pratiche). La stessa attività con due denominazioni diverse. Gli acciugai provenivano un po’ da tutte le borgate di Celle, e si spingevano a commerciare anche in questo caso sulle piazze di altre province piemontesi, liguri e lombarde. I Bianco la facevano da padrone, quasi tutti fascicoli delle ditte cessate sono intestati a queste famiglie.

Con il passare degli anni, tale attività commerciale sembrò diminuire a Castelmagno e dagli anni Cinquanta divenire preponderante, invece, proprio a Celle (100 pratiche); ai Bianco si aggiunsero altre famiglie (tra cui, principalmente, gli Aimar, i Mattalia, gli Einaudi, i Girardi e i Martini). Attualmente, esistono a Celle un sentiero e un museo dedicati proprio a questo antico mestiere.

Sull’altro versante della Valle Maira, a Elva e nelle sue borgate, si trovano più o meno nello stesso periodo gli “ambulanti in capelli umani” o “cavié” (70 pratiche): questi commercianti vendevano, oltre ai capelli per la fabbricazione di parrucche, anche tele, stoffe e stracci, e a volte erano “dotati di forbici”; la loro attività si svolse nei primi anni soltanto a Elva (solo un paio di commercianti esportavano già in Francia), ma poi si espanse notevolmente in altre aree del Piemonte, in Liguria e in Valle d’Aosta. Le famiglie dedite a tale attività avevano tutte nomi tipici della zona: Dao, Dao-Castes, Baudino, Bruna, Bruna-Rosso, Raina e Pasero.

Tornando a Castelmagno, in particolare nelle borgate di Narbona e Chiotti, sono documentate negli anni Cinquanta anche attività di un altro tipo: “commercio ambulante di erbe, radici e fiori medicinali e per profumeria” e, già negli anni Venti, è documentato il mestiere di “sgranatore di orzo e segale”; nell’interessante documento che testimonia l’attività degli sgranatori, viene descritta l’evoluzione di tale mestiere: “[…] anni addietro lo sgranavamo a forza muscolare, ma in seguito la scarsità di braccia si è fatta sentire fino all’impossibilità, e perciò abbiamo dovuto ricorrere alla forza meccanica, con motorino elettrico […]”.

Il curioso nome di una borgata di Castelmagno, la “Follia”, da intendere come “Follateria”, riporta ad un altro mestiere che gli abitanti della borgata svolgevano in loco: la follatura, ossia la pigiatura a torcitura in acqua della lana per la produzione del feltro. Tale attività richiedeva l’uso di acqua con determinate caratteristiche (alcalina e con temperatura mite e costante), che corrispondono proprio a quella di una sorgente poco più a monte della borgata in questione. È molto probabile che la follatura venne in seguito meccanizzata con l’uso di magli in legno movimentati grazie alla forza idraulica prodotta dall’acqua del torrente Grana (cit. Lucio Alciati).

Per rimanere ancora nel territorio delle Valli Grana e Maira, precisamente a Monterosso Grana, si trova già nel 1926 un produttore di falci; è un’attività ancora presente nel comune di Dronero nella storica azienda Fabbriche Riunite Falci, ora Falci Hand Tools, nata nel 1921 dall’unione di alcuni fabbri forgiatori locali. Negli anni Venti a Villar San Costanzo, vicino a Dronero, esistevano alcuni commercianti e rivenditori di falci e molle.

A San Pietro di Monterosso, sempre in Valle Grana, negli anni Venti si trova notizia di un altro mestiere, quello dei cavatori di ardesie, che poteva essere esercitato saltuariamente, pochi mesi dell’anno, epoche in cui non vi sono lavori campestri; già da fine Ottocento, vi è traccia del mestiere dell’ardesaio anche a Valdieri, in alta Valle Gesso.

A Vernante, invece, in Valle Vermenagna, un mestiere diffuso è quello del coltellinaio, così come a Carrù, già da fine Settecento, era frequente quello del bottaio, artigiano che produceva e riparava botti e barili; dell’attività del bottaio si trova testimonianza di nuovo nell’intraprendente Celle di Macra, in Valle Maira, già citata come “patria” degli acciugai; proprio nella zona di Celle, infatti, un sentiero recentemente sistemato, ricorda l’antico mestiere dei bottai.